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Cristiani che amano Ebrei

Almeno uno su quattro cristiani americani ritiene che sia propria responsabilità biblica sostenere Israele come Stato e nazione, oltre che come popolo eletto di Dio. 


Bambini ebrei ortodossi in Israele
Questa visione e presa di posizione è comunemente conosciuta come "sionismo cristiano", che tradotto concretamente, in atto pratico, è semplicemente un movimento di "amore verso gli Ebrei e Israele". 

Il sionismo cristiano è pervasivo all'interno delle principali denominazioni evangeliche, carismatiche e indipendenti americane ed europee, incluse le Assemblee di Dio, i Pentecostali, i Battisti del sud... 

È, però, meno prevalente all'interno di quelle chiese storiche che, per vari motivi hanno una prevalenza pro-palestinese. 

Le origini di questo movimento possono essere ricondotte all'inizio del XIX secolo, quando alcune figure influenti britanniche cristiane iniziarono, nell'ambito politico e istituzionale, a valutare la possibilità di una restaurazione degli Ebrei in Palestina

Tali cristiani asserivano che il ristabilimento degli Ebrei nella loro "Terra promessa" (o Eretz Israel) sarebbe stata la prerogativa per il ritorno di Cristo sulla Terra

Tale movimento acquisì maggior slancio dalla metà del XIX secolo, quando la Palestina divenne punto strategico per gli interessi coloniali britannici, francesi e tedeschi in Medio Oriente; interessi che presero forma con la dissoluzione dell'impero ottomano e la conseguente occupazione inglese dell'area medio-orientale.

Si può dire così che il sionismo cristiano ha preceduto il sionismo ebraico di 50 anni, infatti alcuni dei più forti sostenitori di Theodor Herzl erano chierici cristiani già affermati in questo credo. 

I sionisti cristiani riconoscono che la fondazione dello Stato di Israele nel 1948 e la conquista di Gerusalemme nel 1967 sono stati atti miracolosi da parte di Dio, confermando così la Sua volontà nella realizzazione di quello che Lui stesso aveva fatto profetizzare più di 2.500 prima per mezzo del profeta Ezechiele e nell'adempimento delle promesse fatte ad Suo servitore e patriarca Abramo, cioè di stabilire Israele come nazione ebraica per sempre in Palestina, allora Canaan.

Negli ultimi tempi, nel mondo evangelico, hanno contribuito alla divulgazione di questi concetti vari scrittori e pastori come Tim LaHaye, Hal Lindsey, John Hagee, Pat Robertson ed altri.

Oggi giorno vi sono diverse organizzazioni sioniste cristiane, come l’Ambasciata Cristiana Internazionale (ICEJ), la Christian Friends of Israel (CFI) e la Christian United for Israel (CUFI) che esercitano un’influenza considerevole anche sul Campidoglio, sostenendo una base di supporto di oltre 50 milioni di veri credenti. 

Ciò significa che ora ci sono almeno dieci volte più cristiani sionisti che ebrei sionisti. 


Il pastore John Hagee è uno dei leader del movimento sionista cristiano. 

È il fondatore e pastore senior della Cornerstone Church, una chiesa evangelica di 19.000 membri a San Antonio, in Texas. 

I suoi programmi settimanali sono trasmessi su 160 stazioni TV, 50 stazioni radio e otto reti in circa 99 milioni di case in 200 paesi. 

Nel 2006 ha fondato il movimento Christian United for Israel ammettendo: “La Bibbia è un libro molto pro-Israele. Se un cristiano ammette di credere nella Bibbia, è naturale sostenere Israele, altrimenti si può mettere in dubbio la sua fede". 

E ancora: “Il gigante addormentato del sionismo cristiano si è risvegliato. Ci sono 50 milioni di cristiani che incoraggiano attivamente lo Stato di Israele…


Molti sionisti cristiani mostrano approvazione sulla visione sionista ebraica in diversi punti:

1.  La convinzione che gli Ebrei sono rimasti "il popolo eletto di Dio", malgrado la momentanea non accettazione di Gesù come Messia con la conseguente crocifissione, conduce i sionisti cristiani ad aiutare concretamente Israele; 

2.  Israele come popolo scelto da Dio, dove la restaurazione finale degli Ebrei in Israele è attivamente incoraggiata, finanziata e facilitata attraverso la collaborazione con l’Agenzia ebraica, tramite l'Aliya;

3.  Eretz Israel, come delineato nelle Sacre Scritture, che appartiene esclusivamente al popolo ebraico, promesso da Dio ad Abramo, il capostipite degli Ebrei, che ha avuto la sua massima estensione sotto il regno di Salomone;

4.  Gerusalemme viene considerata capitale eterna ed esclusiva degli ebrei, sostenendo così l'iniziativa del presidente americano Trump del trasferimento della propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, incoraggiando, in questo modo, altri governi a riconoscerla come capitale di Israele.


Molti sionisti cristiani sono restii a riconoscere il diritto ad uno Stato palestinese, in quanto i palestinesi non sono stati mai un popolo a se con una identità nazionale locale. 

Infatti, molti arabi attualmente residenti in Cis-Giordania sono immigrati dalle nazioni arabe vicine per ragioni economiche dopo che Israele si è sviluppata come nazione prospera. 

Purtroppo questo movimento sionista-cristiano, nato in seno alle chiese evangeliche nord americane e anglosassone, trova molta opposizione nelle grandi e storiche chiese cristiane come la Chiesa Greca Ortodossa, la Siriaca, la Evangelica Luterana ed altre minori, dove prevale una presa di posizione politica-economica sulla dottrinale-teologica.

Infatti, la maggior parte dei siti religiosi dislocati in Israele, come a Gerusalemme, a Betlemme, a Nazareth e altrove, sono gestiti proprio da queste chiese a scopo turistico-devozionale, apportando introito alle loro casse, fatto che potrebbe essere compromesso da una diversa interpretazione della realtà politico-sociale attuale da quella addotta ufficialmente dalle loro gerarchie.

Il movimento cristiano-sionista non è un organo giuridico o una istituzione religiosa organizzata, ma appunto un movimento in seno alle chiese (maggiormente evangeliche) che rispecchia e manifesta una componente escatologica della fede cristiana; non ha un capo carismatico unico riconosciuto e non è sottoposto a pressioni o compromessi politici, di lucro o di proselitismo religioso.

Infine i cristiani pro Israele non sono contro i Palestinesi (cristiani e non) a prescindere, ovvero il fatto che si riconosca il diritto all'esistenza di Israele (come Stato e nazione nella "Terra promessa") come volontà di Dio, non è sinonimo di razzismo o discriminazione verso altri popoli o persone, confinanti e non, che, possiamo dire, "non hanno avuto fortuna" di essere della discendenza di Giacobbe, indipendentemente da come si sono evoluti i fatti storici.

Essere amici del popolo ebreo non vuol dire neanche avere una posizione di tacito assenso o adesione incondizionata, a prescindere, di ogni iniziativa politica, militare e welfare dei governanti o governi di turno dello Stato ebraico, che influiscono nelle relazioni con i vari Stati arabi della zona e con i Palestinesi.

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